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  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 17 mar




Quante mattine ho spolverato questo mobile ? Toglievo la polvere dal legno, ma mai dai ricordi. Nel cassetto in alto a destra avevo messo tutte le tue cose, convinta di tenere così il filo dei ricordi, ma non ci sono riuscita.

I ricordi si assottigliano e le cose restano cose.

Sono io che mi attacco agli oggetti, come fossero un appiglio al per sempre.

Ma che ne sanno i tuoi occhiali sporchi di tutti i libri che hai letto? E le chiavi di casa, ancora nel portachiavi con le 500 lire attaccate, sanno quante volte le hai usate per aprire la porta e dire oh, sono arrivato!?

Il libretto degli assegni con le matrici mezze rotte, dove ritrovo la tua calligrafia, sanno restituire il tempo che hai dedicato al tuo lavoro senza riposare mai? Le agendine, poi, quelle piccolissime comprate ogni fine anno dal tabaccaio, qui ce n’è una verde scuro del 1992, le usavi per appuntare cose senza senso, numeri di telefono senza nome, sanno dire della tua attenzione e della tua memoria?

La statuetta del presepe, quella di Baldassarre con la testa rotta, sa raccontare le risate di quel 24 dicembre, quando aprimmo il Gewürztraminer mentre mamma friggeva i carciofi? E la pipa di legno, sapeva che sarebbe restata lì, mai usata, solo perché tu ci tenevi e dicevi «un giorno fumerò la pipa»?

La parker biro dorata e blu, quella che ti avevo regalato un 2 ottobre, è sotto a tutto, impolverata e con la punta bloccata: sa restituire lei tutte le parole che non mi hai scritto mai, se non il 13 giugno la mattina presto, di corsa e su una ricetta, «tanti auguri, Eva»?

La tua tessera elettorale piena di caselle vuote, saprebbe ridarmi la tua costante polemica su un mondo che oggi faresti fatica a riconoscere?


Trovo queste cose dove le avevo messe e le metto in fila davanti a me. Non manca nulla, di quello che c’era, se non il ricordo vivo di te e di più, il tuo odore.


Chiudo il cassetto e ringrazio la mia costanza di averle sapute tenere.


Come i ricordi di te.


 
 
 
  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 17 mar




Mi ricordo una sera di ottobre.

Mi ricordo due ragazzi bellissimi, soli in una macchina davanti al mare.

I finestrini appannati, insieme a cantare, ridendo, fingendo di sapere le parole.

Una musica dal lettore CD, che sembrava un ponte verso il futuro.

Una gioia infinita nel cuore, che sfuggiva già dalle mani.


Capivano tutto. E cantavano davanti al mare.


 
 
 
  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 17 mar




Da qualche settimana sto leggendo un libro sulla storia d'amore tra Elsa Morante e Alberto Moravia.


Mi sono immersa in un mondo che non esiste più, in un amore appassionato e combattuto tra il fascismo, prima, e le macerie della guerra, poi. I mesi nascosti fuori Roma in una grotta, lottando per sopravvivere, e dopo, i pomeriggi al caffè Rosati o sulla loro terrazza a Via dell’oca con de Chirico, Guttuso e Visconti. Anni dopo nelle trattorie con Pasolini.

Le primavere lunghe mesi, a Capri.


Mi chiedo cosa sarebbe rimasto di tutto questo se, oltre ai romanzi, non si fossero scritti lettere e biglietti, tra loro e coi loro amici. Su fogli qualsiasi, arrivati e poi saputi conservare.

Quante delle loro immagini e riflessioni e gioie e amarezze sarebbero andati perduti, senza arrivare fino a qui.


Penso a quanto sia comunque importante usare una penna e scrivere su un foglio e spedirlo, quel foglio.


 
 
 

Parole mie

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