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  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 17 mar




Ho tanti ricordi di mia nonna, anche se quando è morta io ero piccola davvero. È come se ogni singola cosa fatta con lei mi si fosse incollata sul cuore.

Sì, ne avevo due di nonne, ma con lei era diverso. Con lei giocavo e cucinavo e mi pettinava i capelli e dormivamo insieme e le andavo a fare la spesa ed ero felice a casa sua.

Ho tanti piccolissimi e vivi ricordi. Le 250 lire dal portafoglio nero per il ghiacciolo, le lumache in cantina, le pizze fritte che mi hanno ustionato un braccio, il pane al forno, la candeggina nelle bottiglie riciclate, il profumo e il lievito («La dose») in farmacia nelle bustine rettangolari per la torta, le sfoglie di pasta all’uovo sul lettone, gli zoccoli d’estate sulle scale, il cocomero che portava Papà da Roma, la legna sul fuoco d’inverno col pigiama a riscaldare sulla stufa.

Ma più di tutto i suoi capelli.

L’amore per i suoi capelli.

La mattina quando la casa era ancora addormentata, lei si fermava in cucina, il tavolo davanti alla finestra e la finestra aperta, un canovaccio di lino pulito all’estremità, perfettamente piegato, le forcine marroni, sei.

Si spazzolava per minuti interminabili e poi si faceva sei trecce, le arrotolava e le chiudeva con le forcine. Poi metteva a lavare il canovaccio nel lavandino, spazzava a terra e iniziava a cucinare.

Bellissima.




 
 
 
  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 17 mar




Io non lo so perché non sorridano mai, ma è così. Eppure il loro negozio è sempre pieno, si sono pure allargati con un ambiente in più, non hanno più solo pantofole, ma scarpe vere, che se ci perdi tempo ne trovi pure un paio che ti piacciano e che potrai usare: trovi i sandali d’estate e gli stivali di gomma per la pioggia d’autunno. Mi ricordo che quando nevicò forte e vero quell’anno, ci trovammo pure i dopo-sci colorati, per giocare a palle di neve a Piazza dell’Unità.

Eppure loro non sorridevano, non sorridono mai. Si sono allargati, pure sposati (credo), la gente entra e esce e compra, ma loro (uno in particolare) non sorride mai.

Solo a volte, ma di rado, dopo che hai pagato e lui ti ha messo la scatola dentro la busta sempre fuori misura e tu sei distratta perché con una mano cerchi di afferrare la busta sopra la scatola e con l’altra riponi il portafoglio e lui bofonchia «se non vanno bene, poi torna’ », vedi una piega leggera sul suo viso, un occhio che si chiude appena, uno sguardo che va oltre la vetrina, immagini stia sorridendo e te ne vai più leggera.

Se lui sorride, può succedere tutto.




 
 
 
  • evaromoli
  • 4 mar
  • Tempo di lettura: 1 min

Aggiornamento: 17 mar




Bisogna comunque raccogliere i panni, se piove; comprare il latte, se finisce; pulire gli occhiali, se vedi male; tirare fuori i cappotti, quando arriva il freddo; raccogliere le briciole, dopo aver mangiato; comprare il cibo, se hai fame; cambiare la cartuccia alla penna, se non scrive più, prendere il treno dopo aver fatto il biglietto.


Tutte cose che fai perché devi farle. Senza chiederti nemmeno il perché. Senza immaginarti cosa succederebbe coi panni bagnati, col latte scaduto, col freddo addosso, con il pavimento sporco, col frigo vuoto, con la penna asciutta, senza quel treno da prendere.


 
 
 

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