1° agosto 2017 / Nonna Nina
- evaromoli
- 4 mar
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 17 mar

L’odore della sfoglia per la pasta portata ad asciugare.
Il profumo dei fiori di finocchio tra le patate e l’olio, nella teglia da portare giù al forno davanti casa.
L’odore della dose per la torta, che prendevo da zi’ Giggi, nella cartina rettangolare ben chiusa nella mano.
La puzza della varechina, che andavo a comprare qua sotto, con la bottiglia di plastica tra indice e medio e i soldi spicci nell’altra mano, per il gelato.
Il profumo della zuppa di lumache, la maggiorana (la persa) e il sughetto di pomodoro. Il profumo della saponetta Palmolive rosa sulla tua pelle. Il profumo del tuo pane, che aspettavo fuori dal forno.
L’odore del latte coi biscotti che mi costringevi a mangiare ogni mattina, con la finta dolcezza del cucchiaio. Un pastone terribile. La colonia nei tuoi capelli grigi, che ti pettinavi ogni mattina e raccoglievi dentro trecce profumate, con un’arte che vorrei raccogliere. A modo mio.
Il dolce delle pizze fritte dolci, che friggevi per farmi felice.
Il rosso del sugo che bolliva sul fuoco.
Il nero del tuo borsellino, tenuto gelosamente nel primo cassetto.
I miei ricordi di te sono pieni di colori e di profumi. Non carezze. Non favole. Non ferri per fare maglioni colorati. Con te c’era sempre qualcosa da fare, da pulire, da cucinare, da lavare, da pettinare. Il tuo voler bene andava colto nelle tue mani sempre indaffarate a fare. Per gli altri.
Eri una nonna che si perdeva tra le stanze della casa, ma c’era sempre. Cucinavi sempre di più, perché «non si sa mai».
Mi hai lasciato più di quanto avresti pensato.
Sono felice di tenere vivo il pensiero di te. Con me.
Nei miei capelli. Nelle mie mani indaffarate. Nelle ricette raccolte a voce e scritte a mano.
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