1° dicembre 2017 / Le trecce di Nonna Nina
- evaromoli
- 4 mar
- Tempo di lettura: 1 min
Aggiornamento: 17 mar

Ho tanti ricordi di mia nonna, anche se quando è morta io ero piccola davvero. È come se ogni singola cosa fatta con lei mi si fosse incollata sul cuore.
Sì, ne avevo due di nonne, ma con lei era diverso. Con lei giocavo e cucinavo e mi pettinava i capelli e dormivamo insieme e le andavo a fare la spesa ed ero felice a casa sua.
Ho tanti piccolissimi e vivi ricordi. Le 250 lire dal portafoglio nero per il ghiacciolo, le lumache in cantina, le pizze fritte che mi hanno ustionato un braccio, il pane al forno, la candeggina nelle bottiglie riciclate, il profumo e il lievito («La dose») in farmacia nelle bustine rettangolari per la torta, le sfoglie di pasta all’uovo sul lettone, gli zoccoli d’estate sulle scale, il cocomero che portava Papà da Roma, la legna sul fuoco d’inverno col pigiama a riscaldare sulla stufa.
Ma più di tutto i suoi capelli.
L’amore per i suoi capelli.
La mattina quando la casa era ancora addormentata, lei si fermava in cucina, il tavolo davanti alla finestra e la finestra aperta, un canovaccio di lino pulito all’estremità, perfettamente piegato, le forcine marroni, sei.
Si spazzolava per minuti interminabili e poi si faceva sei trecce, le arrotolava e le chiudeva con le forcine. Poi metteva a lavare il canovaccio nel lavandino, spazzava a terra e iniziava a cucinare.
Bellissima.
Comments