
Ti ricordi quel cielo di Roma? Quel venticello?
Quel cielo, che non servivano luci, perché bastava la luna, bastavano le stelle, bastava il venticello, dicevi tu.
Bastavamo noi, pensavo io.
Quel cielo e Roma, sono sempre qui.
Appena troviamo un posto a tutte queste parole.
Che, alla fine, sono pure troppe. Credimi.
Perché, quello che fa la differenza, sotto il cielo di questa Roma, che si sveglia dall'estate, sono le mani, sono le braccia, sono i piedi sui sampietrini, che aspettano la pioggia.
I piedi. Loro ci potrebbero portare altrove, in un posto dove si arriva col tram, guardando le luci delle vite degli altri nelle case, dai finestrini.
Le vite di chi ha smesso di parlare e si è abbracciato dentro un bar qualunque.
In silenzio, faremmo quella strada. Ti concederei qualche canzone, da ascoltare o da cantare. E la mia mano da stringere.
E il silenzio di Roma di notte, non ci peserebbe, anzi, ci farebbe compagnia, al posto delle parole, che ora usiamo, invano, per raccontarci quello che non vorremmo dire.
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