
Parole vostre
Non sono fotografa e amo le parole scritte, perché è solo così che capisco e mi faccio capire, se voglio.
Per questo ho chiesto a tutti quelli che hanno partecipato a questo progetto, di regalarmene qualcuna.
26 amici e 1 fratello mi hanno risposto così:





Anni fa ormai Eva mi raccontò di questa sua pattipravesca pazza idea di raccogliere le vecchie insegne dei quartieri. Ancora non sapeva dove e quanto lontano l’avrebbe portato questo solo apparente volo nel passato, in realtà c’era piú futuro di quanto credesse.
Fu questa odd couple passato/futuro che mi intrigò così cominciai a mandarle foto, foto che le arrivarono prima dalla Spagna, dove ho vissuto per tanti anni, e poi da tante parti d’Europa dove ho scoperto viaggiando ricordi nascosti, colori dell’anima, tensioni verso l’oltre, verso l’altro.
Io e Eva abbiamo la consapevolezza di portare dentro di noi una idea romantica ma non nostalgica, affettuosa ma non ossessiva, indulgente ma non compiacente, del tempo da cui veniamo.
Un tempo che, lo sappiamo eccome, sta per finire.
Io e Eva non siamo – come ammoniva il mio prof di latino al ginnasio – laudatores temporis acti, siamo piuttosto dei testes temporis acti: siamo testimoni del tempo passato.
Notate come in latino il significato del participio passato è piú dinamico e originale, andrebbe tradotto con agìto e non trascorso.
Fotografare le insegne per «Lettere antiche» è stato per me fonte di emozioni delle più diverse: sorpresa, sorriso, stupore, tristezza. Non mi hanno mai lasciato indifferente le vecchie insegne, come la vita.
Quella vita, conclusa e silenziosa, che le insegne che state per vedere hanno per tanti anni raccolto, seminato, disperso.
Buona visione a voi tutti, novi testes temporis acti!
Alessandro Romoli

La collezione di Eva ha anche un valore politico: allude a una società in cui i rapporti economici erano, e tanto più saranno, innanzitutto rapporti umani.
Vincenzo Ostuni



Pierluigi Zolli
Insegna
/in·sé·gna/
sostantivo femminile
Generico segno o contrassegno atto a fornire un’indicazione o un punto di riferimento.
Partendo da uno dei significati della parola «insegna», l’operazione «nostalgia», o meglio di «memoria», della raccolta di fotografie ideata da Eva mi ha subito coinvolto per il suo valore di ricerca delle nostre radici e del nostro passato, un punto di «riferimento» dei luoghi della nostra esistenza.
Le immagini fotografiche sono testimonianza, e le insegne (lettere antiche) rappresentate in esse hanno la stessa valenza, per cui ne raddoppiano il significato. Creando una mappa geografica/storica dei luoghi dove viviamo, un album fotografico di riferimento del tempo trascorso.
Non potevo che aderire a questa operazione dello sguardo «verso l’alto» proposta da Eva.



Il tuo progetto (il nostro progetto 😎) ed ogni insegna che grazie ad esso non scomparirà, dà un senso alle micro storie che fatalmente si perdono e si dimenticano. Ho sempre avuto problemi a «lasciare andare» e questo è per me un piccolo modo per lenire il senso di perdita
Livia Astolfi




Perché mi piace questa cosa delle «Lettere Antiche»?
Amo tutto quanto faccia riferimento ad un passato più o meno «recente».
Ad un passato che io, classe ’72, ho visto e vissuto.
Ritengo che tutto ciò che è «vintage» è maggiormente gradevole da un punto di vista estetico.
Malinconicamente rimando all'idea di quanto prima fosse tutto meno «massificato», e mi fa sempre un po’ male vedere un’anonima modernità prendere il sopravvento su tutto.
Le «insegne» rientrano a pieno titolo in questo discorso.
Migliaia di insegne esteticamente curate per attirare attenzione e competere con le altre, fatte con materiali di buona qualità e curate personalmente dai vari gestori di attività, soppiantate da scarne insegne tutte uguali, grosse catene che espellono le piccole realtà bottegaie, sistemiche umanità rionali cancellate per far spazio a freddi spazi tutti uguali tra loro, storie e testimonianze personali che svaniscono e tanto altro che si potrebbe dire.
Per questo mi piace questo progetto sulla «salvaguardia» fotografica di insegne prima che svaniscano definitivamente nel «nulla» dell'oblio.
È per questo che ho deciso di aderire, seppur nel mio piccolo, a questo per me importante e molto interessante progetto.
Massimo De Angelis



Ciao Eva, essendo grafica è stato naturale appassionarmi alla tua raccolta, ma penso che la componente più stimolante di questo progetto sia la riscoperta e valorizzazione di quello che ci circonda e delle storie che porta con sé. (Poi la caccia al tesoro mi intriga sempre 😉)
Alessandra Rocchetti



Napoli, fondata dai Greci, affonda le proprie radici nei millenni i cui barlumi e le cui tracce appaiono e scompaiono tra vicoli, strade e piazze. Anche il passato più recente non va dimenticato, per questo ho condiviso lo splendido progetto di Eva inviandole insegne partenopee che rischiavano l’oblio. È stato bello e divertente, per questo un sentitissimo grazie ad Eva e agli altri partecipanti, amici sconosciuti.
Marinella Vicinanza



Ciao Eva… il tuo progetto mi ha dato lo spunto e l’occasione per fare attenzione ad insegne storiche incontrate durante i miei viaggi, alle quali non avrei dato importanza e che invece nelle varie località visitate mi hanno anche permesso di cogliere quel che rimane della tradizione nelle città d’Italia (visto che i miei contributi credo di averli mandati solo dall’Italia).
Sandra Ciamei



Eva è una donna di fatti, passioni e parole. Ma ciò che ama di più è far parlare le cose, gli oggetti, anche i più minuscoli, miserabili e insignificanti. Sa farli raccontare, sa ascoltarli, sa aspettare con pazienza che gli oggetti le rivelino la vita segreta che un tempo li ha animati. A volte le cose le parlano di lei e del suo passato, altre volte le raccontano le vite degli altri, le fanno confessioni riservate e intime su mondi perduti, che abbiamo colpevolmente scordato. Quelli che passano oltre, senza guardare davvero, non avranno mai vera consapevolezza di queste esistenze nascoste.
Io, che amo tanto la fotografia, non potevo ignorare questo grande dono: il senso di Eva per le cose. È questa cognizione che rende la vita un viaggio fatto di continue narrazioni e enigmi e misteri. Un fotografo vede ciò che agli altri sfugge nel caos di ogni giorno, Eva sente con la precisione e la lucidità del cuore ciò che per gli altri è un confuso ronzio di fondo. Questo ci ha fatto incontrare, e mi ha convinta a costruire la casa che il suo mondo di cose parlanti meritava. Non è stato difficile, perché la connessione è stata profonda e invincibile. Spero di essere stata all’altezza.
Grazie, Eva.
Carla Carinci


Di questo progetto mi ha commosso il coraggio di essere romantica e malinconica senza paura di mostrarlo. Poi è diventato un progetto collettivo, unendo tutti noi, che ti vogliamo tanto bene, a caccia di vecchie insegne, regalandoci ogni volta un piccola gioia.
♥️ Grazie Eva.
Mara Baldacchino




Eva, in bocca al lupo anche per questa tua «appendice» allora... quando lessi su «Repubblica» della tua iniziativa mi colpì il fatto che fosse un bellissimo modo per fissare in maniera intelligente un po' del tempo che nostalgicamente ci scivola via davanti agli occhi...
Enrico Miele



Inségna
s.f. Segno, contrassegno o emblema caratteristico di una dignità, di un ufficio o di un primato.
fig. Principio ispiratore di uno stile di vita.
Camminare, cogliere con lo sguardo caratteri indistinti, fermarsi. Guardare. Ogni scritta un viaggio interiore, un ricordo, una fantasia, un’emozione. Poi, per alcuni, una corsa ad arricchire queste Lettere Antiche, affinché conservino e accudiscano la tenerezza che ogni scritta scovata ha ricevuto.
Alessio Morglia



Mi piace camminare e cerco di farlo sempre con uno sguardo curioso. Sono soprattutto facciate di palazzi storici, portoni, cancelli, finestre, fiori e il mare che mi piace riprendere. Quindi mi sono riconosciuta nella passione di Eva: riconoscere la bellezza in ciò che ci circonda. Porre l’attenzione alle insegne storiche, ai negozietti e alle botteghe piccole, ai luoghi che purtroppo in tante città stanno scomparendo.
Conoscere Eva e scoprire il suo progetto non solo ha cambiato le mie camminate e arricchito gli oggetti che riprendo. Mi ha fatto legare ad una persona speciale e ha cambiato il modo in cui vedo il mondo.
Constanze Guczogi



Ciao Eva, io te le ho mandate perché viaggiando spesso per lavoro mi veniva in mente il tuo progetto quando incontravo qualche insegna antica interessante. Questo progetto mi piace perché costituisce un regesto seppur parziale del design passato delle insegne, pure quelle costituiscono la nostra cultura contemporanea. È poi c’è il fascino della fotografia e la sua capacità di documentazione così immediata e diretta che me lo fa piacere ancora di più.
Stefano Celestini Campanari



Due donne speciali, unite da un progetto speciale. Foto, insegne, ricordi...belli!
Barbara Celestini Campanari



Il tuo progetto mi ha colpito profondamente perché le insegne antiche hanno un’anima, raccontano storie di persone, botteghe, epoche che meritano di essere ricordate. Inviarti quelle foto è stato il mio modo di contribuire a questo racconto, di fermare frammenti di memoria prima che vadano perduti. Credo che il tuo archivio abbia un valore speciale: non è solo una collezione di immagini, ma un ponte emotivo tra passato e presente.
Melania Ciotti



L’idea del tuo progetto mi ha entusiasmato sin dai primi scatti. Utilizzare la fotografia come custode di luoghi che, con le loro insegne, si ergono a baluardo contro l’avanzata di una modernità omologante e priva di anima. Inviarti un mio contributo fotografico era un modo per ancorare quei luoghi nella memoria collettiva, con la speranza di preservarne l’essenza e la magia per le generazioni future.
Sabina Al Qaryouti



Mi è sempre piaciuta la nostalgia dietro a vecchi cartelli o insegne... cos’erano, chi c’era dietro a quella situazione... oppure come si possono trasformare i luoghi e, chissà, anche le persone.
Oppure una insegna di cinquant'anni fa è ancora in essere e continua una tradizione.
Apparati statali che diventano privati... a volte mi chiedo chi ero, cosa facevo in quegli anni, quali sentimenti mi muovevano. Un giorno saremo come quelle insegne, e mi auguro di poter insegn(are). Grazie Eva per avermi stimolato in questa ricerca e condivisione
Alessandro Guidi



Soy muy fan también de los carteles de tiendas antiguos y me parece una pena que se pierdan, deberían guardarlos en un museo. ¡Que haya un registro fotográfico me parece una idea brillante!
Elena Valvanuz Lopez Sanchez



Ciao Eva, ho partecipato perché da sarta «mancata» penso che le insegne vestono le nostre strade e il tuo progetto è il Red Carpet della storia delle insegne.
Luisa Urbani



Ho condiviso l’insegna di una antica cappelleria davanti alla quale passo ogni giorno andando al lavoro da oltre quarant'anni.
Penso che la memoria sia il tratto che contraddistingue l’essere umano.
La proprietaria è una vecchia signora esempio di tenacia e dedizione e a mio parere merita una casellina dove incastonarla.
Ringrazio Eva che me ne ha fornito la possibilità.
Roberta Bellini



Ciao Eva, perché ti ho inviato qualche insegna? Semplicemente perché è il nostro passato che scalda il cuore e solo il pensiero che lo sguardo di un nostro caro che non c’è più si è posato in quel punto è meraviglioso. Inoltre la tua incredibile sorpresa e gioia di quando ti arriva una nuova foto mi fa riaffiorare i valori che sono fondamentali nel corso della vita. Grazie😘
Paola Gorietti



Ci sono momenti in cui il tempo si ferma, ti giri, vedi un particolare, una scritta, un carattere e torni indietro nel tempo. Ti ritrovi a quando eri bambino, ti viene in mente tua nonna, i tuoi cari, e rivivi emozioni con una scritta. In un mondo in cui la condivisione amplifica le tue emozioni hai il piacere di condividere questo tuo momento con le persone che ti circondano, per confrontarti, per vedere se anche a loro queste emozioni risvegliano ricordi reconditi o anche solo per tracciarle, come segno che anche tu sei passato lì e hai visto quell’istante in cui il tempo si è fermato
Luca Satolli



L’odore dei negozietti storici, le battute dei bottegai, gli affanni delle donne che vanno di corsa, il cigolio delle ruote dei carrellini delle nonne con le caviglie gonfie, il profumo del pane, delle stoffe, il sudore dei mestieri che non si fanno più e di quelli che si fanno ancora, le lagne dei bambini che vogliono la pizza bianca col rosmarino, gli sguardi tra i vicini in coda per pagare alla cassa, la cassa che fa rumore di ferraglia. Tutto torna ad avere un’anima, con queste foto di insegne che ci mangiano il cuore. Grazie Eva per la gioiosa malinconia che ci hai regalato con il tuo progetto.
Emanuela Di Gironimo



Cara Eva,
trovo che questa tua passione sia diventata un progetto bellissimo.
Dal giorno in cui me ne parlasti, ho iniziato a guardare con occhi attenti ogni insegna del paese in cui vivo, e ti ringrazio per questo.
Le insegne hanno il sapore di un racconto... pulito.
Sono lì, ferme chissà da quanto, ad osservare la vita che passa... e agli occhi dei passanti evocano ricordi...
Trovo tutto questo infinitamente poetico.
Buon lavoro Eva!
Con affetto,tua cugina.❣️
Fabiola Romoli



Cara Eva,
In realtà non posso scrivere tanto… quando mi hai chiesto l’insegna neanche sapevo che facessi questa collezione… però camminando per le strade ci penso spesso e spero di trovarne altre, solo che qua è tutto nuovo. Penso che sia un progetto meraviglioso e sei bravissima a portarlo avanti!
Katarina Orlov



L’insegna era severa e magra come mia madre, la proprietaria. MERCERIA specializzata in asole. «Specializzata in asole» inizialmente era scritto in corsivo, ma mia madre non amava le grazie, riteneva il corsivo una cosa da ricchi, e fu tolto. L’ingresso era stretto e buio come tutto il negozio. C’erano scaffali scuri con decine di piccoli cassetti di legno chiaro. Io arrivavo allungando le mani al sesto cassetto, quello delle asole di lana. Erano dei buchi un po’ pelosi fatti apposta per infilarci le dita. Mamma diceva che così le allargavo e richiudeva il cassetto con uno scatto feroce. In quel periodo le
persone non cambiavano cappotto e giacca se un’asola si smagliava. Ma ne sceglievano un’altra identica tra le tante forme e colori e tessuti a disposizione. Poi arrivò lo zip. Di asole c’era sempre meno bisogno e la gente era un po’ più ricca. Il negozietto faticava, entrò in un lungo crepuscolo. E poi fu chiuso. Da grande dicevo a mia madre che era stato un miracolo vendere tanti buchi, sei riuscita a vendere il vuoto, le dicevo. E lei sorrideva.
Paolo Repetti



Occhi distratti i nostri, che andiamo in giro parlando al telefono, correndo le nostre vite in macchine di metallo a cercare posti liberi. Non posti belli. Posteggi. Parcheggi di una pausa in seconda fila magari davanti lo scorcio di un vecchio negozio che per tutta la vita pausa non ha avuto né voluto. Un barbiere è lì dagli anni ottanta. La merceria con la signora e la sua porta che suona quando si apre. Non gli occhi di Eva Romoli. Lei non si è distratta, si è imposta invece di camminare piano, il naso all’insù, ha scelto di avere il tempo giuso per vedere, e salutare grata, ferramenta, panetterie, insegne mai scappate, ferme a dare un confine al suo mondo che a lei ve bene piccolo e costante, mai piagnone, come si dice a Roma, dove la pizza bianca scrocchiarella con l’olio che cola ancora si trova, a cercarla.
E insegna dopo insegna, insegna Eva che si può invecchiare con grazia se si ha la visione di aspettare. Se si crede nella qualità umana di chi in quei negozi ci entra da sempre. E così facendo può non dimenticare, non avere nostalgia, credere che forse non tutto deve finire sotto il fast e il food, scalciato dal delivery, annacquato da uno starbucks, nauseato per l’all u can; spingi play, oppure spingi stop, rimetti la canzone. La gomma si consuma prima del ferro, al caldo si deforma, il legno lo restituisce gentilmente. Le insegne di Eva sono promesse mantenute. C’erano prima che le guardasse, lei però le ha racchiuse in uno spazio, proteggendole. È la sua lotta contro l’estinzione dell’essere umano. Un vecchio tipo di essere umano, quello che dice buongiorno signorì, come va oggi. Cosa le posso dare, provi questo, senta, assaggi. Eva cammina per le strade e loro si fanno belle. Si mettono in posa mentre scatta foto che conserva e condivide, pegni in prova. E così nel tempo, altri hanno iniziato a fotografare le loro di insegne e a inviargliele su Facebook. Si è creata una comunità di nasi all’insù a salvare insieme dettagli, ferraglia magica, parole in grado di rievocare l’odore della rosetta di quando eravamo piccoli, quella bucata dentro.
Le insegne di Eva con le loro lettere scolorite sono un desiderio. Che tornino le botteghe di artigiani, le sarte con le loro macchine da cucire, le tazzine di caffè buono, l’alimentari sotto casa che ti conserva la testa della mozzarella, la verduraia, bella perché felice, il cinema di quartiere con le sedie e le locandine. Che restino a insegnare dunque, che siano patrimonio, dote di spose, corredi. E allora chissà torneremo in tanti di più a camminare piano, a non provare più nostalgia, quel filo di paura. Ma entreremo da una porta senza neanche averne fotografato l’insegna, fiduciosi, a dire, disabituati, timidi, lenti. Buongiorno signora, come sta oggi. Senta, avrebbe...
Katia Riccardi
